lunedì 2 giugno 2008

Paesaggio e complessità

Di fronte a una realtà sempre più complessa e dinamica, "riconoscendo come unica certezza quella del continuo mutamento e divenire" (1) , emerge la necessità di un atteggiamento sempre più dichiaratamente soggettivo e contingente nella interpretazione e nell'esperienza degli spazi.
Qui di seguito un articolo su una manifestazione di arte urbana contemporanea, l'azione, espressione artistica che arriva al limite estremo di temporaneità, attraverso una esperienza diretta e contingente - ma nello stesso tempo concettuale, emblematica - di uno spazio.

WALL(K)
L’azione è un modo in cui si esprime l’arte urbana, che come tutte le arti contempla manifestazioni permanenti e temporanee.
E la temporaneità può arrivare al suo estremo limite, cioè la durata stessa di un evento: allora accade l’azione.
Queste esperienze non utilizzano un linguaggio di tipo figurativo, cioè di immagini che esprimono idee, emozioni, ma si spostano su un piano concettuale, in cui l’evento è contemporaneamente manifesto e linguaggio.
Wall(k) è un’azione che Studio.eu + Stalker vivono a Berlino, e si ispira all’idea lanciata anni fa da Gorbaciov e recentemente ripresa di trasformare la “Cortina di ferro”, l’ex area di confine tra i due blocchi occidentale e sovietico, in un parco naturale, un “Percorso della Memoria”.
Wall(k) è una ricognizione, ovvero una passeggiata di circa una settimana lungo un percorso che ricalca il tracciato del muro che per 28 anni è stato il simbolo della divisione.
Percorrere un tratto un tempo a mala pena attraversabile ha già di per sé un valore emblematico.
Prevalentemente ci si muove a piedi, e sono previste tappe con tende per il riposo notturno, situazioni che fanno pensare alle Sacre Rappresentazioni medievali, e per un momento ci si avvicina il mondo del teatro; ma vi è una sostanziale differenza che consiste nel completo ribaltamento dei ruoli scena-azione; i protagonisti sono luoghi percorsi, e chi percorre è strumento attivo, capace di interagire con essi analiticamente (con l’osservazione) ed emotivamente (con la percezione) scoprendone l’essenza.
La città è dunque il tema; capire o almeno conoscere le sue dinamiche di trasformazione lo scopo.
L’operazione è dunque fondamentalmente rivolta alla conoscenza dei territori, in particolare ai punti di discontinuità delle città contemporanee che sono considerati gli spazi più autentici e vivi, quelli che gli Stalker, chiamano “territori attuali”, cioè i vuoti o le pieghe, le maglie sfuggite ad un ordine preteso dall’uomo e inevitabilmente disatteso nella realtà.
La scelta di Berlino è facilmente comprensibile, definita come “luogo dell’accelerazione”, è stata in un passato recente scenario di trasformazioni repentine e quindi di stratificazione, parola chiave in una concezione di città complessa.
L’idea di città espressa, tuttavia, non è assolutamente quella di organismo, cioè del tutto in cui ogni singola parte confluisce, ma è quella di un insieme caotico di frammenti autonomi, che nei loro sviluppi eterogenei e temporalmente scoordinati danno a vita a spazi di risulta.
Eppure per chi vuole capire come una città cresce e muore incessantemente, le aree incompiute e non qualificate sono fondamentali, perché sfuggono a una cristallizzazione al tempo presente, e si caratterizzano come spazi di attesa del compiersi di un proprio destino.
Essi si sottraggono, poiché mancano di una forma, alla rappresentazione, ma possono essere solo testimoniati: per questo motivo l’unica forma di contatto è l’osservazione diretta. Gli Stalker sostengono che il loro particolare stato di sospensione temporale e formale produce nell’osservatore un ispessimento della percezione causata dall’effetto di straneamento; l’incertezza, a volte la paura, la mancanza di codici conosciuti e tranquillizzanti, favorisce uno stato d’animo aperto alla scoperta, e quindi alla conoscenza.
Ma importante è aver chiaro un concetto: non si tratta di un destino da scoprire, o di un carattere da individuare, l’unico destino reale della città è il mutamento, e imparare a conoscere la città significa accettare, senza paura di smarrirsi, l’inesauribile fluire di significati esistenti in continuo movimento.
Wall(k) è un invito alla riflessione e alla discussione.
Dopo la ricognizione di agosto il programma prevede l’istituzione di un “pensatoio” che coinvolga operatori e ambiti diversi, dal cinema al teatro, dalla filosofia e alla sociologia, oltre naturalmente l’architettura e l’urbanistica, dai quali si auspicano interpretazioni personali e specifiche del territorio osservato.

(A.Esposito,Wall(K) in Metamorfosi n 58, gennaio-febbraio 2006, pagg.62-63)


Paesaggio e disorientamento
Indubbiamente affascinante è la riflessione sui nuovi atteggiamenti mentali nei processi conoscitivi della realtà. Non più certezze e applicazione di teorie, ma "disorientamento radicale, perdita di qualsiasi riferimento" (Erwin Straus, 1935), nella formulazione di ipotesi e simulazioni di processi.

"Il paesaggio, prima ancora di diventare vera e propria rappresentazione in senso figurativo è luogo della mente, modo di pensare il reale".
(C. De Seta, Il Paesaggio, Einaudi, Torino 1982)

"Il paesaggio come forma che attribuiamo alla natura è l'espressione, nell'indissolubile presenza dell'orizzonte, della rinuncia a qualsiasi pretesa di totalizzazione e sintesi dall'alto, di una visione del mondo che è sempre erranza e spaesamento, esperienza della prossimità delle cose piuttosto che distanziamento, accoglimento dell'alterità, manifestazione di un'assenza"
( P. Gregory, Territori della complessità - New Scapes, Testo&immagine n.138, Torino 2003)

Tutto è Paesaggio
"Tutto è paesaggio...
...e ogni paesaggio è una forma di civilizzazione, un'unione di naturale e di culturale, nello stesso tempo volontario e spontaneo, ordinato e caotico, caldo e freddo, sapiente e banale. Come tutte le nostre azioni: le più controllate nascondono una parte di ombra, le più inconsce una parte di razionalità e di efficacia."
(...)
"Certezze
L'ostinazione moderna dei progettisti nel voler padroneggiare l'oggetto, nello sterilizzarlo, nel dettargli tutte le possibili forme della sua esistenza, definitivamente, è l'incoffessato ritorno di una nostalgia medievale, predemocratica, di una logica di concluso di non evolutivo (mentre la vita...), invece di riconoscere che tutto si muove, cresce, vive e muore."
(L. Kroll, Tutto è paesaggio, Testo&Immagine n.58, Torino 1999)





Nessun commento: